Non
esiste una definizione univoca di vini naturali, questo è bene
sottolinearlo. Generalmente, ed in questo i produttori e le
associazioni sono concordi, si intendono vini prodotti a partire da
uve coltivate senza l'aiuto di pesticidi, fertilizzanti chimici,
diserbanti o altri prodotti di sintesi ma solo con l'aiuto di rame e
zolfo, quando e se strettamente necessario, e buone pratiche agricole
manuali. A questo va aggiunto un approccio pochissimo interventista
in cantina. Cioè? Nel processo di vinificazione, anche per chi si
fregia della certificazione biologica, possono essere utilizzati
diverse centinaia di prodotti enologici (lieviti selezionati, enzimi,
chiarificanti, acidificanti, stabilizzanti, tannini, albumina, gomma
arabica, etc).
I
produttori naturali ne utilizzano, ma non sempre, uno solo ed in
piccolissime dosi: l' anidride solforosa, generalmente sotto forma di
metabisolfito di potassio. E' un prodotto che serve in varie fasi ed
ha lo scopo, tendenzialmente, di proteggere il vino dall'ossidazione
e di stabilizzarlo.
Viene
prodotta spontaneamente nei processi fermentativi ma, generalmente e
da tempi antichissimi, se ne aggiunge una piccola quantità in alcune
fasi critiche della vinificazione (diraspatura, imbottigliamento).
Quindi
i produttori naturali lasciano che il vino fermenti coi propri
lieviti, in maniera spontanea e non aggiungono altro fino
all'imbottigliamento, senza, poi, effettuare filtrazioni o operazioni
fisiche e forzature non naturali (osmosi inversa e simili).In questa
maniera nel vino troverai maggiormente presente il territorio,
l'annata, il vitigno. Il risultato, poi, è di vini molto più
digeribili, senza la presenza di residui chimici. Alcune volte
troverai qualche difetto ma che dà maggiore personalità ad un
alimento, vivo, sano, tradizionale, conviviale
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