giovedì 23 giugno 2016

Massimo Bottura e la ristorazione italiana

Chi ci conosce sa come la pensiamo riguardo la ristorazione in Italia e anche su Massimo Bottura.
Del cuoco emiliano, finalmente in cima al mondo con il suo ristorante, nutriamo grande stima ed ammirazione. Non abbiamo avuto ancora la possibilità di visitare il suo ristorante ma lo seguiamo da tempo e ne apprezziamo il grande rispetto per la tradizione, per il sapore e la geniale fantasia. Ci fa solo piacere che abbia ricevuto questo riconoscimento, pur pensando che anche essere il numero due, tre, dieci, cinquanta, sia di grande prestigio, anche se, magari, meno appagante per chi è giustamente ambizioso.
Altra cosa, però, è, secondo noi, dire che quella di Massimo Bottura o degli altri affermati cuochi italiani sia "La Cucina Italiana". Ne è la parte artistica ma è nelle trattorie, nei ristoranti a conduzione familiare, nelle osterie che va ricercata e, ahinoi, si trova sempre meno. L'umiltà dei cuochi, il vedersi come specchio di un territorio, di una tradizione appare sempre più come un difetto caratteriale. Bisogna essere chef affermati, star della tv, numeri uno per essere qualcuno ed ecco spuntare fuori ribollite scomposte, spezzatini con le patate rinominati con frasi da doppia riga sul menù. I Massimo Bottura sono pochi, signori miei e meno male, altrimenti l'arte non esisterebbe. Non tutti i bravi disegnatori sono Michelangelo! Il tocco personale può anche andar bene ma serve anche l'intelligenza di capire che è meglio un piatto di spaghetti con le vongole curato nel dettaglio delle cotture, del semplice sapore che un tentativo di rivoluzionare un piatto senza reale genialità, frutto di anni di esperienze, di maestri, di indole personale, di doti genetiche.
Se la lepre nascosta nell'erba è un piatto geniale, lo è anche un bollito misto fatto secondo tutti i crismi.
Per ora brindiamo a Massimo Bottura e ci concediamo una fresca Panzanella.
Prosit

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